Fra Basic e Pascal

qBasic

In principio fu il Basic – anzi, il qBasic.
Questo linguaggio aveva popolato antiche console come il Commodore64, ma io lo avevo conosciuto su un classico pc Dos. Pur non avendo  vissuto l’epoca pioneristica dell’informatica, posso ricordare con orgoglio le mezzore passate a formattare dischetti da 5,24 pollici. Quando i Floppy Disk erano veramente floppy.

Qualcuno forse proverà una particolare emozione rivedendo, dopo decenni, la spartana eppure amichevole interfaccia del qBasic (video via sito):

 

Fra un libro di Asimov e l’altro, la mente artificiale mi sembrava qualcosa di abbordabile. Sarebbe stato sufficiente programmare un computer per capire una manciata di concetti. Questi primi concetti gli avrebbero permesso di afferrare altre idee, e così via. Il qBasic, sul 386 di casa nuovo fiammante – 50 mega di hard disk e 4 mega di ram – poteva andare benissimo per tale compito. Facile. Però prima dovevo imparare un po’ di elettronica. Una mente robotica senza un corpo robotico non era pensabile.
Un quarto di secolo più tardi, con una tecnologia superiore di molti ordini di grandezza, il problema è ancora irrisolto.

Turbo Pascal

Tornai a programmare al liceo, con il mitico Turbo Pascal.

Turbo Pascal era questa cosa (via sito):

!World Hello

Il primo programma in TP – da studente distratto durante la spiegazione – aveva qualche problema. La finestra del Pascal, solitamente di un blu decisamente monotono, urlava avvertimenti con violentissime righe rosse.
Così feci il mio primo debug. Seguii diligentemente le istruzioni del protodebugger di Turbo Pascal. Il risultato fu qualcosa di simile a questo:

Program Addition_of_Three_Numbers
;Uses Crt
;Var a, b, c, sum : integer;Begin
;Clrscr

;readln
;End

Dal punto di vista mio e di Pascal, che aveva smesso di minacciarmi, un po’ di punteggiatura aveva risolto il problema.

Intanto un basic mi ronzava nelle orecchie… e sentii parlare di Visual Basic. Esisteva una versione per studenti a prezzi accessibili. Potevo creare. Cose vere – con finestre e immagini e pulsanti – invece che calcolare determinanti e aree del cerchio. Era l’epoca dei giochini shareware, ma qualsiasi cosa sembrava fattibile. Tranne forse l’intelligenza artificiale: adesso sembrava qualcosa da scienziati. Da esercito di scienziati.
Un quarto di secolo più tardi, avrei invece studiato come funzionano le reti neurali. Che, dopotutto, sono fattibili.

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